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Izzo Mario Costruzioni S.r.l.

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CHIESA CONCATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA E SAN CATELLO: RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO DELLA CAPPELLA DI SAN CATELLO, CUPOLA MAGGIORE, CAPPELLA DI S. MICHELE

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OGGETTO DEI LAVORI
L’appalto, bandito dall’Ente Parrocchia di S. Maria Assunta e S. Catello in categoria prevalente OG2 e scorporabile OS2-A aveva come obiettivo principale il restauro della cupola della Chiesa sia esternamente, che internamente.
L’imponente dipinto su muro nella calotta dell’abside della Concattedrale di Castellammare di Stabia fu realizzato da Gaetano D’Agostino
La decorazione pittorica versava in un pessimo stato di conservazione a causa di pesanti e durature infiltrazioni di umidità. In particolare la fascia al di sopra del tamburo, ovvero la zona in basso della calotta (laddove corre la canalina di raccolta delle acque piovane), ove sono raffigurati gli Angeli del Giudizio, risultava
quella più colpita.
Lungo tutto l’emiciclo in basso numerose erano le lacune più o meno grandi e tutte recavano i margini staccati dal supporto in muratura. La pellicola pittorica era in più parti completamente decoesa, ovvero priva ormai di legante, così come erano evidenti distacchi e rigonfiamenti dello strato pittorico, ovvero l’intonaco si distaccava dall’arriccio sotto l’azione dell’umidità.

 


INTERVENTI
Rifacimento delle coperture
Come prima cosa è stato rimosso il piombo di impermeabilizzazione e tutti i chiodi dalla botte della cupola in quanto vi erano copiose infiltrazioni di acque piovane che rischiavano di deteriorare irreversibilmente l’interno affrescato della cupola; l’intera area è stata pulita, trattata con antitarlo e vernici protettive e messa
definitivamente in sicurezza mediante dei ferri diametro 8 sagomati sulla stessa.
E’ stata quindi eseguita la pulizia del collare sottostante la botte, dopo opportuna messa in sicurezza per non farla smontare e scendere, la pulizia del ferro dei costoloni e della ghiera di tenuta dell’asta della croce, e sono quindi state saldate di n.8 staffe in ferro tra i costoloni e la ghiera. successivo passaggio con
anticorrosivo e vernice protettiva, ingessatura dei ferri e ricostruzione del collare con malta e scaglie di mattoni e posizionamento di un piatto in ferro per appoggio botte.
Sul cornicione sono state eseguite 32 perforazioni per una lunghezza di circa 30 cm e sono state quindi inserite barrette in fibra di carbonio ed eseguite perforazioni armate con barrette di resina sui pilastrini del cupolino ed iniezione di bio-calce fluida.
Sono infine state ricostruite le parti di piombo precedentemente rimosse dopo il riposizionamento e l’incollaggio dei sette costoloni precedentemente rimossi con la rifazione di un elemento in castagno.

 

 Restauro opere interne
Viste le pessime condizioni di conservazione la prima operazione è stata la messa in sicurezza dello strato pittorico laddove risultava staccato. Quindi i margini delle grandi e medie lacune e i rigonfiamenti dell’intonaco sono stati preventivamente protetti con una garza sottile fatta aderire con una resina acrilica (Paraloid B72) in soluzione con acetone. I distacchi di profondità tra intonaco e arriccio e la formazione di tasche o bolle dell’intonaco, sono stati risolti con iniezioni di malta PLM-A (malta a base di calci naturali ed inerti selezionati). Laddove i rigonfiamenti, le tasche, non potevano essere riportate a livello poiché c’era accumulo di frammenti, è stato effettuato un taglio si è ripulito l’intonaco sottostante e si è fatta riaderire la parte, preventivamente protetta con garza, mantenuta poi sotto pressione con dei piccoli puntelli di legno. I distacchi di intonachino sono stati trattati con iniezioni di emulsione acrilica (Acril 33) diluita in acqua. Le parti che si erano rigonfiate a causa della presenza di grossi chiodi arrugginiti (al di sotto dello strato di intonaco), sona state protette come sopra e si è proceduto alla rimozione del frammento di pittura e alla sua ricollocazione. Le lacune dell’intonaco sono state consolidato con micro-emulsione acrilica (Acril ME) diluito in acqua.
La pellicola pittorica del dipinto che non presentavano una situazione di emergenza (laddove risultava ormai priva di legante e polverulenti) è stata innanzitutto consolidata mediante infiltrazioni di emulsione acrilica (Acril AC 33) a bassa concentrazione con interposizione di carta giapponese.
In accordo con la direzione dei lavori si è deciso di eliminare le pesanti ridipinture realizzate dal pittore locale Francesco Filosa nel 1956 (laddove possibile). Queste sono state per lo più rimosse con una miscela solvente leggera. L’ampia campitura azzurra della volta celeste è stata prima pulita a secco del pesante
strato di polvere e nero fumo. Dopo questa prima pulitura e dopo il risultato delle indagini chimiche si è capito che quel colore azzurro che risultava così piatto non era altro che una scialbatura che si è deciso di alleggerire, in parte a secco, meccanicamente, in parte mediante impacchi di polpa di cellulosa con soluzione di sali inorganici in sospensione. Dalle operazioni di restauro sono ritornati alla luce i raggi che circondano il Padre Eterno e un colore azzurro molto più vibrato nonostante molto sciupato. Le lacune più grandi (e le lacune dove la ricostruzione sarebbe diventata ipotetica) sono state realizzate sottolivello usando una
miscela di sabbie adeguata sia per granulometria che per tono cromatico per impedire che la mancanza potesse interferire con l’immagine.
Le numerose abrasioni della pellicola pittorica sono state reintegrate a sotto-tono al fine di far rientrare otticamente queste macchie.
Le lacune più piccole sono state stuccate portandole al livello esatto della pittura originale, con polvere di marmo di una granulometria sottile e grassello di calce. Poi sono state integrate pittoricamente con la tecnica del tratteggio e colori ad acquarello.

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